Restate tranquilli: ci pensa il carcere

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di Alberto Morino

Non di rado ci capita nei nostri colloqui di incontrare persone detenute che hanno bisogno di adesivo per le protesi. Non c’è da sorprendersi. La tossicodipendenza di danni ne provoca tanti, e in prima fila ci sono quelli odontoiatrici. In carcere c’è un solo modo di soddisfare questo bisogno: avere la disponibilità economica per acquistare a proprie spese quel che serve tramite l’approvvigionamento interno che si chiama sopravvitto. Dal momento che l’80 % dei detenuti è indigente, cioè non può comprarsi niente, l’adesivo è alla portata solo degli “abbienti”, che in genere proprio in quanto tali hanno avuto (e hanno anche in carcere) una vita meno disagiata, e quindi di adesivo hanno meno (o nessun) bisogno. L’amministrazione carceraria non fornisce questo, così come molti prodotti e farmaci spesso necessari, così come abiti e scarpe, così come i prodotti per l’igiene e la cura di sé.

Immaginiamo che in carcere venga condotto l’esibizionista delle vignette colto sul fatto, quindi in flagranza di reato. Arriverà con il proprio abbigliamento, cioè con un ampio impermeabile e niente sotto. E così resterà per tutto il periodo della carcerazione, se non può contare sull’aiuto della famiglia o se il volontariato non opera nel carcere (oppure se è presente ma non riesce a trovare indumenti della misura giusta). A noi è capitato di trovare qualcuno che si stava nutrendo a latte da due settimane perché senza adesivo non poteva utilizzare la protesi, e senza la protesi non poteva masticare.

Ma di alcune cose l’amministrazione carceraria è erogatrice prodiga: ansiolitici, benzodiazepine, psicofarmaci in genere. Tutti generi che hanno un costo e a volte un costo non indifferente. Ma che ottengono (o si crede che ottengano) il risultato di “addomesticare” la popolazione carceraria.

Quindi se non avete l’adesivo restate calmi. Quando sarete stremati dal digiuno e piomberete nella depressione interverrà l’amministrazione dandovi gli antidepressivi. E se non riuscite a lavarvi perché vi manca il sapone (la cura di sé in carcere è ancora più importante che fuori), se vi sentirete puzzare ogni giorno di più perché non avete deodorante (e con voi lo sentiranno i vostri compagni di cella e di sezione), ed inevitabilmente ogni giorno di più aumenterà la vostra ansia, resistete: non vi verranno certo lesinati gli antidepressivi.

Ci fa piacere ringraziare lo studio odontoiatrico Olivo Zini che ci ha fornito un’ampia dotazione di adesivo per dentiere. Approfittiamo per sollecitare case produttrici ed esercenti di negozi di articoli per l’igiene e la cura di sé ad essere altrettanto disponibili, magari facendoci arrivare prodotti con date di scadenza non lontane, o fuori produzione, o fuori mercato, o provenienti da campionari. Potremo distribuirli attraverso il nostro progetto “Francesco” insieme agli indumenti. E, credeteci, c’è una richiesta enorme: ci è successo di verificare che qualcuno aveva dei seri problemi dermatologici per aver provato a lavarsi con detersivi per i piatti o addirittura per i sanitari.

 

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Formazione per nuovi volontari in carcere

 

Il 12 ottobre 2015 avrà inizio il corso di formazione per nuovi volontari in carcere dell’Associazione Pantagruel, intitolato “Carcere e città: bisogni, risposte e progetti“.

Il corso si svolgerà anche quest’anno presso il Centro comunitario Valdese, in via Manzoni 21, Firenze.

L’associazione darà il benvenuto agli interessati con un piccolo aperitivo a conclusione del primo incontro presso la sede associativa.

 

Per iscrizioni segreteria@pantagruel.org oppure asspantagruel@gmail.com; tel. 055 473070.

Quota d’iscrizione (pagabile in due tranche): 20 € per studenti e disoccupati, 35 € per lavoratori.

L’associazione rilascerà un attestato finale a chi abbia frequentato almeno 9 incontri.

leggi il Programma del corso

 

 

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COMUNICATO STAMPA

Una nuova morte nel carcere fiorentino di Sollicciano,  provocata, sembra, da overdose. E’ l’ottava vittima dall’inizio dell’anno, la seconda per overdose. Un triste primato per il carcere fiorentino. E’ doloroso, ma soprattutto inaccettabile che persone, i cui corpi sono affidati alla custodia dello Stato e dallo Stato dovrebbero essere protetti, muoiano di suicidi, non importa se volontari o no, in una percentuale straordinariamente più alta di quella delle persone libere. Un terribile segnale  di quanto il carcere sia  dannoso: quando si muore in carcere, si muore di carcere!

Come associazione che opera quotidianamente in carcere, crediamo che occorra una maggiore attenzione delle istituzioni, cittadine e non, verso un luogo in stato di pericoloso degrado. Il tasso di mortalità è solo il più drammatico segnale che richiede, non più rinviabili, interventi migliorativi della vita dei detenuti.

Associazione Pantagruel onlus, per la difesa dei diritti dei detenuti

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L’angelo del carcere

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di Lucia

Sono un Angelo del Signore e sono stato assegnato ad un carcere. E’ la prima volta che faccio questa esperienza ma del resto per me tutto è uguale perché l’assistenza alle creature umane si può fare in mille luoghi diversi.

Sono entrato una mattina presto, all’alba, quando ancora i raggi del sole non erano usciti dal loro involucro notturno. L’aria fuori era carica di aspettativa e di mistero e anche di vita, com’è sempre l’alba. Che bel momento da respirare ma gli uomini in genere preferiscono vivere più di notte e in quel momento stanno dormendo e non sanno la magia che si sprigiona intorno a loro.

Mi sono trovato nei cortili interni dove a quell’ora tutto è silenzio, le guardie del turno di notte sono assonnate e annoiate e soltanto gli asinelli che sono all’interno dell’edificio, nell’area verde, sono svegli e fremono nell’aria fresca del mattino annusando e respirando i profumi della terra. Al mio passaggio i loro grandi occhi hanno guardato la mia luce con gratitudine e gioia.

Ho cominciato a muovermi per i lunghi corridoi deserti e ho trovato che erano molto sporchi. Tracce di sofferenza ovunque nelle macchie che coprono le pareti e i pavimenti e che lo straccio dello “scopino” non è sufficiente a togliere. Mi sono incantato un po’ a osservare i dipinti che sono stati fatti sul muro lungo tutto il corridoio grande e il mio cuore di luce si è riempito di amore per quelle creature che hanno saputo esprimere in quel triste luogo la loro creatività più delicata. Che dire di quelle enormi farfalle colorate e dei tanti uccelli sui rami o in volo. Certo il richiamo è alla libertà ma soprattutto libertà dell’anima che, avviluppata negli stracci neri degli istinti più bassi, desidera la luce e attraverso il colore la vive.

Con un ampio volo sono arrivato nelle sezioni dove ci sono le celle e ho passeggiato lungo il corridoio interno lanciando uno sguardo attraverso gli spioncini delle porte blindate.

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Da Cuba alla Pantagruel

Tony Guerrero, uno dei 5 Eroi Cubani, recentemente al centro dell’attenzione dei media per lo scambio di prigionieri avvenuto il 17 dicembre tra Obama e Raul Castro, è stato a Firenze sabato 23 maggio, presso la sede della nostra associazione, per un incontro organizzato insieme all’Associazione di Amicizia Italia-Cuba.

Tony è stato imprigionato per 16 anni nelle carceri USA, accusato di spionaggio e terrorismo a seguito di processi farsa, ma in realtà stava cercando di scoprire gli organizzatori di attentati terroristici contro Cuba.

Volentieri condividiamo l’intervista a Guerrero, esclusiva di Luciano del Sette per “Alias”, del 23 maggio 2015

“Chiede qual­che foglio di carta bianca e una penna. Si siede, ti guarda, sor­ride. Ha un sor­riso che cam­bia, Anto­nio Rodri­guez Guer­rero. Mobile come la mano che guida la penna su un foglio, o insieme all’altra resta sospesa nell’aria per fer­mare un momento del rac­conto. Mobile come gli occhi che sca­val­cano il vetro sot­tile delle lenti, si fis­sano nei tuoi, si assen­tano per cer­care ricordi. Fa da con­tra­sto la voce, bassa e fluente, colonna sonora di una tran­quil­lità che ti rie­sce dif­fi­cile cre­dere. Per­ché Anto­nio Guer­rero Rodri­guez è uscito da un car­cere degli Stati Uniti appena cin­que mesi fa, il 17 dicem­bre 2014, dopo sedici anni e ses­san­ta­cin­que giorni. La gra­zia fir­mata da Barak Obama ha can­cel­lato una con­danna all’ergastolo, poi ridotta in appello a ven­tun anni e dieci mesi. Accusa: atti­vità di spio­nag­gio e cospi­ra­zione. Anto­nio era uno dei Cinco Pre­sos, i cin­que pri­gio­nieri cubani, le cui vicende ave­vano fatto nascere una cam­pa­gna inter­na­zio­nale di soli­da­rietà. Un pro­cesso in stile Guerra Fredda, prove a favore secre­tate, prove con­tro messe in campo da spie di regime, celle di iso­la­mento, ver­detto e deten­zione duris­simi. Una set­ti­mana fa, Guer­rero è stato ospite a Vene­zia della nona edi­zione del festi­val inter­na­zio­nale di poe­sia «La pala­bra en el mundo». Pre­senza fisica, dopo che, nelle edi­zioni pre­ce­denti, altri ave­vano letto le sue strofe spe­dite dalla cella.

Gli ave­vamo chie­sto di incon­trarlo, aveva accet­tato senza porre con­di­zioni. E così ci siamo tro­vati davanti quel sor­riso, quelle mani, que­gli occhi, quella voce, a rac­con­tarci una sto­ria i cui capi­toli sono tes­suti dalla fede poli­tica e dall’amore per Cuba…”

Leggi l’intervista integrale a Guerrero

 

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