Comunicato congiunto di Garanti dei detenuti e volontariato

Ristretti Orizzonti, 7 luglio 2020

La Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà e la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia si sono riunite il 02.07.2020 in un incontro in streaming, a cui ha partecipato anche l’Ufficio del Garante Nazionale. Finalità dell’incontro: aggiornarsi sulla situazione complessiva degli istituti e valutare la prospettiva di una ripresa delle attività che preveda anche il rientro nelle carceri dei volontari e dei soggetti del terzo settore.

Pur non sottovalutando le difficoltà che la situazione attuale ancora presenta e tenendo altresì conto però di una situazione epidemiologica generale confortante, Conferenza dei Garanti territoriali e Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia propongono quanto segue:

Ripresa attività trattamentali

È necessario favorire un graduale ma costante percorso di ripresa dell’accesso degli operatori del terzo settore con i dovuti accorgimenti per la prevenzione del contagio.

Pur consapevoli della necessità che al personale sia garantito il piano ferie, si auspica venga fatto ogni sforzo per non ridurre le attività trattamentali durante il periodo estivo.

Attività in presenza: I volontari autorizzati si sottoporranno al triage di ingresso come tutti gli altri operatori.

I colloqui individuali di sostegno si svolgeranno con adozione di distanziamento di m 1.50 tra operatore esterno e persone detenute e l’uso puntuale della mascherina protettiva e del gel igienizzante da parte di tutti.

Incontri di formazione e attività rieducative/di reinserimento di gruppi limitati di detenuti si svolgeranno in spazi che consentano un significativo distanziamento dell’operatore dal gruppo (aree verdi, auditorium, sala teatro, biblioteca, campo da calcio).

Attività da remoto: l’utilizzo delle tecnologie per i colloqui di sostegno individuale e per le attività di gruppo scolastiche, educative e ricreative dovrà essere potenziato, con la possibilità che ogni attività venga gestita sia in presenza degli operatori volontari, sia in remoto, quando questa può essere considerata una opportunità di ampliare e approfondire le iniziative con la partecipazione di esperti significativi dall’esterno.

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Carcere, ma ci sarà una Fase 2?

di Ornella Favero* – Ristretti Orizzonti, 26 aprile 2020

Ma quale potrebbe essere la Fase 2 in carcere? Quando riapriranno le sale colloqui? Quando rientrerà il Volontariato? Quando finirà quel “distanziamento sociale” che nelle galere si è esercitato solo nei confronti della società esterna, scuola e volontari, che sono stati subito messi fuori, mentre tra detenuti continua la più rischiosa vicinanza? Sono domande che il Volontariato non si limita a porre astrattamente, ma a cui vorrebbe collaborare a trovare delle risposte.

Le tecnologie sono “entrate” per il virus, ora non devono più uscire

La cosa più drammatica che potrebbe succedere nella Fase 2 è che le tecnologie, entrate di prepotenza in carcere, anche per far fronte all’epidemia di rabbia che rischiava di diffondersi e inquinare le condizioni di vita già difficili, ne escano appena si tornerà a un po’ di normalità ripristinando i colloqui visivi. No, non si deve tornare indietro perché anche in condizioni “normali” i rapporti con le famiglie, le telefonate e i colloqui nel nostro Paese sono veramente una miseria. Abbiamo visto detenuti piangere dopo aver parlato in videochiamata con un genitore che non vedevano da anni, non è pensabile che questa boccata di umanità a costo zero possa finire.

Zoom, Meet, Skype, quando le Videoconferenze sono cibo per la mente

Le attività scolastiche in videoconferenza sono state autorizzate anche nelle carceri, ma funzionano ancora poco. Eppure, sono attività che potrebbero aprire grandi possibilità, soprattutto per ampliare gli spazi dello studio e dei percorsi rieducativi. In tanti oggi mettono le mani avanti dicendo che c’è il rischio che le tecnologie si sostituiscano alla presenza viva della società civile, il cui ruolo è fondamentale nelle carceri. Noi pensiamo che invece le videoconferenze possano essere un autentico arricchimento: mettere insieme per esempio, come si sta facendo a Padova, voci come quella di Fiammetta Borsellino, della figlia di un detenuto dell’Alta Sicurezza e di altri detenuti, che dialogano con gli studenti, è una opportunità che non deve riguardare solo l’area penale esterna, ma deve coinvolgere stabilmente anche il carcere e le persone detenute e non rimanere legata solo all’emergenza: si tratta infatti di una autentica rivoluzione culturale di enorme valore, che mette al centro la responsabilità, cioè il cuore vero della rieducazione. Ma dà anche degli strumenti fondamentali alle persone detenute, che non possono restare dei “senzatetto digitali”, se non vogliamo che il reinserimento diventi ogni giorno più difficile in una società, che le tecnologie le dovrà mettere sempre più al centro della sua vita. (altro…)

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Urgente Appello Partito Radicale carceri

Nel luglio 2011 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affermò che “La questione del sovraffollamento nelle carceri è un tema di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”.

Due anni dopo, nell’ottobre 2013, il Presidente Napolitano inviò un messaggio alle Camere sulla situazione carceraria, nel quale indicò le misure urgenti da adottare, tra le quali amnistia e indulto. Scrive il Presidente:
“L’effetto combinato dei due provvedimenti (un indulto di sufficiente ampiezza, ad esempio pari a tre anni di reclusione, e una amnistia avente ad oggetto fattispecie di non rilevante gravità) potrebbe conseguire rapidamente i seguenti risultati positivi:
a) l’indulto avrebbe l’immediato effetto di ridurre considerevolmente la popolazione (…) riportando il numero dei detenuti verso la capienza regolamentare;
b) l’amnistia consentirebbe di definire immediatamente numerosi procedimenti per fatti “bagatellari” (destinati di frequente alla prescrizione se non in primo grado, nei gradi successivi del giudizio), permettendo ai giudici di dedicarsi ai procedimenti per reati più gravi e con detenuti in carcerazione preventiva. Ciò avrebbe l’effetto – oltre che di accelerare in via generale i tempi della giustizia – di ridurre il periodo sofferto in custodia cautelare prima dell’intervento della sentenza definitiva (o comunque prima di una pronuncia di condanna, ancorché non irrevocabile).
Le rivolte di questi giorni sono la conseguenza dell’indifferenza e dell’ignavia con le quali il parlamento accolse quell’unico messaggio che il Presidente Napolitano ha inviato al Parlamento durante il suo mandato. Per non dire dell’illusione creata dalla mancata applicazione della riforma dell’ordinamento penitenziario votata dal parlamento e sacrificata dal Governo sull’altare elettorale.
Oggi non c’è più tempo, è indispensabile agire subito!
Forti anche del convergente appello dei cappellani penitenziari,
Ci appelliamo al Governo perché adotti con la massima urgenza un primo provvedimento che riporti l’affollamento penitenziario nei limiti previsti dalla legge, violazione già sanzionata in passato dalla corte europea dei diritti dell’uomo, ed oggi nuovamente e palesemente violata.
Appello sottoscritto dall’Associazione Pantagruel ODV

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Carceri. Antigone: “Il rapporto del CPT evidenzia questioni su cui è urgente intervenire”

21 Gennaio 2020 – Ass. Antigone

Questa mattina il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, organo del Consiglio d’Europa, ha pubblicato un report (lo si può leggere qui, mentre qui si può leggere la sintesi tradotta da noi in italiano) sulla visita effettuata in Italia nei mesi scorsi e durante la quale i membri del Comitato avevano visitato alcune carceri del nostro paese.

“Quello che emerge nel report – il commento di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – è una situazione che denunciamo da diverso tempo e che abbiamo avuto modo di segnalare anche al CPT, incontrato da noi durante la loro visita. La spinta riformatrice post sentenza Torreggiani si è fermata e questo ha prodotto e sta producendo un peggioramento delle condizioni di detenzione, con situazioni gravi sulle quali chi ha responsabilità politiche dovrebbe intervenire con urgenza”.

I membri del CPT, tra i vari istituti, hanno visitato anche Viterbo e Biella. In queste carceri erano già emerse numerose denunce da parte di detenuti che segnalavano episodi di violenza subiti da parte degli agenti di polizia penitenziaria. Il Comitato ha ritenuto che la documentazione supportasse la veridicità delle accuse di maltrattamenti. “Questi casi di violenze erano stati oggetto di esposti da parte della nostra associazione – sottolinea ancora Gonnella. A maggior ragione dopo la pubblicazione del rapporto del CPT auspichiamo che ci sia una accelerazione sia nell’indagine amministrativa che in quella penale. Sarebbe anche importante che arrivasse il segnale esplicito da parte del governo intorno all’assoluto e categorico divieto di uso arbitrario della forza. Sappiamo che questi episodi non accadono dappertutto e dunque, a maggior ragione, è possibile un’opera di prevenzione. Nel rapporto si legge come, tra gennaio 2017 e giugno 2019, il numero di agenti sottoposti a procedimento disciplinare per fatti di maltrattamenti sia pari a 11 unità. 52 sono invece coloro che sono sottoposti a procedimento penale. La maggior parte di questi fatti è ancora pendente dinanzi alla magistratura”. (altro…)

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